«Le azioni si pesano, non si contano». La famosa frase di Enrico Cuccia è attuale più che mai come dimostra l’assetto azionario che avrà Fiat-Chrysler e come conferma uno studio pubblicato a gennaio nella collana Quaderni Giuridici della Consob. Lo studio approfondisce il tema senza preconcetti e con grande ampiezza di analisi. È un passaggio chiave per tornare a ragionare di un argomento chiave per lo sviluppo del nostro Paese.

Le azioni a volto multiplo permettono ad alcuni azionisti di contare (pesare?) di più; gli esempi più tipici sono le categorie di azioni che permettono di nominare la maggioranza del consiglio di amministrazione, come in Ford, o che prevedono di moltiplicare il numero di voti dopo alcuni anni di possesso, come nel gruppo Louis Vuitton. Hanno meccanismi di voto multiplo anche giovani grandi aziende come: Google, Amazon, Facebook, Groupon, Linkedin.

Il principio “un’azione un voto” non è applicato in maniera rigida negli Usa, in Giappone e in Australia e in nessuno dei mercati finanziari della Ue. La ragione non è che il principio non sia corretto, esso va semplicemente adattato a mercati finanziari che hanno mutato il proprio Dna. Oggi grandi fondi d’investimento possiedono quote rilevanti di aziende ma non si può pensare che debbano avere la responsabilità diretta nella gestione. La tendenza a investimenti di breve termine è cresciuta a dismisura: il periodo medio di investimento in una quotata in Italia è sceso da più di sei anni nel 1991 a meno di un anno nel 2009.