Nell’Italia «terra dei cachi» c’è chi lotta per il bene

La canzone di Elio e le Storie Tese più attuale che mai. E il libro che racconta agli ignoranti le verità sui musulmani - di Antonio Ferrari /CorriereTv

C’è una canzone presentata nel 1996 al festival di Sanremo da Elio e le Storie Tese che dipinge alla perfezione, anche oggi, il nostro Paese: «Italia si, Italia no, la terra dei cachi». Elio, d’accordo, è il fondatore del Rock demenziale e progressivo. Ma quanto sono vere e di drammatica attualità le parole di quel testo! Il triste spettacolo parlamentare e non solo di questi giorni certifica proprio che siamo “la terra dei cachi”, che però convive con l’altra parte, la più seria e creativa della nostra bella Italia, che molti ci invidiano. Da decenni cerco di capire e di spiegare quanto sia importante il dialogo fra religioni e culture diverse. Il peggio della “terra dei cachi” pensa invece, per esempio, che tutti gli islamici, o quasi, siano fanatici e potenzialmente terroristi. Figuriamoci poi quelli che fuggono dai loro Paesi devastati dalle guerre e dalla fame! Mi è tornato in mente, improvvisamente, quello che disse nel 2001 un grande psicologo americano, Jerome Bruner, parlando del ruolo degli insegnanti, che cercano nelle loro lezioni il “senso comune”, adeguandosi quasi sempre alla “pedagogia popolare”, cioè alle “teorie ingenue”, un insieme di spiegazioni che stanno a metà strada tra teoria e pratica ma che raccolgono consensi sia fra chi insegna e fra chi dovrebbe imparare, tutti imbevuti dai più velenosi luoghi comuni. Oggi, parliamoci chiaro, non sono molti coloro che lottano senza timori reverenziali per sostenere idee e ideali, socialmente tormentati dall’ignoranza diffusa. Ma da chi? Ovvio, dal peggio della “terra dei cachi”. Ecco perché mi ha realmente fatto esultare un nuovo libro, altamente istruttivo. Ha un titolo molto stimolante: “Studenti musulmani a scuola”, compilato a quattro mani da due eccellenti personalità della pedagogia: Antonio Cuciniello e Stefano Pasta, con l’illuminante prefazione di Milena Santerini (Carucci editore). Mi colpisce perché gli estensori raccontano, con dati sicuri e poco digestibili dai fanfaroni della “terra dei cachi”, la realtà dei numeri e la necessità di aggiornarne l’analisi. I fanfaroni, che prima plaudivano a Trump e ora non sanno cosa dire per spiegare le sue e le loro idiozie, frutto degenere della “pedagogia popolare” di cui parlava Bruner, sono diventati isterici nelle urla che tanto piacciono ai cultori della pancia, e ridicoli nella sostanza. Forse non immaginano che nella “terra dei cachi” c’è anche chi continua a pensare. Dobbiamo ringraziare, in quasi un anno di globale smarrimento a causa della pandemia che semina lutti e gravi ferite, anche psicologiche, chi invita a pensare seriamente. E a scoprire chi sono le avanguardie del dialogo culturale e religioso, fra credenti e laici. “Fratelli tutti”, come insegna Papa Francesco. Non è curioso, e per me una grande gioia che il libro, che invito caldamente a leggere, sia stato compilato da giovani della Comunità di Sant’Egidio, cioè da coloro che lottano per il dialogo fra tutti, senza alcuna distinzione, da oltre trent’anni. Questi ragazzi, che aiutano chi soffre, chi ha fame, chi è povero ed escluso, che crede nell’altro chiunque egli sia, sono i diamanti di quell’Italia si, cioè la prima parte del pezzo cantato da Elio e dalle Storie Tese. E saranno sempre loro, questi ragazzi meravigliosi della Comunità di Sant’Egidio, i protagonisti attivi della ormai prossima “Giornata della memoria”. Per non scordare la tragedia della Shoah, e per sconfiggere finalmente quell’indifferenza che ha accompagnato, anche nella “terra dei cachi”, la sofferenza degli ebrei, partiti dalla Stazione Centrale di Milano, mentre la gente si voltava dall’altra parte. Il 31 gennaio al Memoriale del Binario 21, in Smart, ci sarà il ricordo pubblico di quel giorno infame, quando cominciarono le deportazioni verso Auschwitz. Però non dobbiamo mai dimenticare anche gli altri genocidi, il razzismo, il negazionismo e le solite porcherie degli estremisti-impresentabili della “pedagogia popolare”.

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