IL CASO

Sempre più migranti: arrivano dagli sbarchi a Sud. Ma a Brescia mancano i posti

di Magda Biglia
Un centinaio i richiedenti asilo che hanno raggiunto la provincia negli ultimi giorni. Deserti i bandi e il prefetto «richiama» i sindaci. Da gennaio ne sono arrivati 200 in totale, raggiungendo quasi 1500 migranti presenti nei Centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla Prefettura
Barcone di migranti
Barcone di migranti
Barcone di migranti
Barcone di migranti

Un’ottantina in cinque giorni, da lunedì a oggi, dodici gli attesi in mattinata. La pressione dei richiedenti la protezione internazionale accelera a Brescia dopo gli ultimi sbarchi. In gennaio ne sono arrivati 77, in febbraio 93, in marzo siamo a 200. In totale, nei Centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla prefettura, ora i migranti sono 1200, più 200 ucraini.

Il ministero degli Interni ha già annunciato altre persone in movimento che verranno assegnate alla prefettura di Milano che poi le smista nelle province in base al numero degli abitanti e quella di Brescia è alle prese con l’assoluta mancanza di posti, dopo che i bandi per le manifestazioni di interesse sono andati pressoché deserti.

Finora ha cercato di reggere con il turn over che però è abbastanza scarso perché il tempo per ottenere il permesso, dopo l’iter della Commissione e dell’eventuale ricorso, è molto lungo. Ci sono coloro che hanno trovato un lavoro e guadagnano più della pensione sociale che perdono il diritto dell’accoglienza nei Cas, ma non sono tanti nemmeno quelli perché prima serve imparare la lingua, soprattutto per le questioni di sicurezza. Eppure forse sarebbero lavoratori preziosi per i settori delusi dal click day: un corso per esempio è stato proposto con la Scuola edile, settore dove manca manodopera, dopo il protocollo ministeriale in merito, senza però molte adesioni.

Le strutture bresciane che si sono rese disponibili

Alcuni gestori storici si sono resi disponibili ad allargare la disponibilità, tra questi ci sono: Boschetti, Programma accoglienza, Fraternità, Rosa Camuna, La Rete, il Ponte. Tutti sono sotto i 50 posti perché a Brescia da sempre è stata scelta la capillarità senza enormi hub. Ma il problema grosso è che non ci sono strutture né appartamenti: il mercato delle locazioni è ripreso, dilagano anche gli affitti brevi remunerativi, alcuni spazi che erano stati offerti sono ora occupati anche da altre emergenze.

L'appello del prefetto Laganà ai sindaci

Il prefetto Maria Rosaria Laganà ha allora deciso di lanciare un appello ai sindaci perché diano una mano nel reperire un tetto per chi, sbarcato al Sud, raggiunge il Bresciano. Ieri 30 marzo, erano chiamati in Broletto 50 primi cittadini fra Brescia e la Valtrompia. Se ne sono presentati molti meno e di questi in 10 aderiscono già al Sai, il Sistema di integrazione che fa capo direttamente al ministero, già sold out. Ci saranno nel territorio altri quattro incontri decentrati nei vari ambiti, con relativo appello, ma le difficoltà ci sono dappertutto. Anche le associazioni e le onlus sono in ritirata.

Le dichiarazioni di chi accoglie

«Non è possibile rispondere ai bandi, non ci stiamo con i soldi a fronte dei rialzi dei costi e delle bollette; poi non ci piace fornire vitto, alloggio e basta, non è questo il nostro concetto di integrazione», dichiara Maddalena Alberti di Adl Zavidovici che nel suo Sai accoglie 127 persone, al completo. Anche Caritas, che ha in carico 120 ucraini e 80 richiedenti asilo, si sta dando da fare, ma ovviamente fatica.

«Non solo non abbiamo camere, ma dobbiamo preparare anche il personale formato e retribuito per un’accoglienza dignitosa e inclusiva - spiega Stefano Savoldi referente per Caritas che si occupa della cooperativa KemayNoi cerchiamo appartamenti privati con determinate caratteristiche, non strutture collettive, per piccoli numeri, 4-6 persone che devono essere seguite, accompagnate nel percorso di integrazione. Occorre creare un cammino di fattibilità. Avevamo case reperite per il bando della Protezione civile indirizzato agli ucraini: sono rimaste un po’ vuote, poi sono state utilizzate dalle parrocchie per altri interventi di aiuto nei confronti di chi ha bisogno».

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