"Se vogliamo che tutto rimanga com'è, è necessario che tutto cambi": una massima non da poco, questa - presa in prestito al nobile letterato Giuseppe Tomasi di Lampedusa - con cui si apre il Gucci podcast condotto ai microfoni dalla voce sensuale dell'autrice e host Chiara Tagliaferri. Ospite d'eccezione è Alessandro Michele, il (rivoluzionario) direttore creativo della maison fiorentina che proprio lo scorso anno ha celebrato il suo 100esimo anniversario con la collezione Gucci Aria. E che si prepara, in vista dell'imminente settimana della moda di Milano, a tornare a sfilare nel calendario ufficiale.

Sviluppato in circa 40 minuti di domande e risposte, l'episodio si intitola Gucci Podcast: Alessandro Michele Reveals the Inspiration behind the Gucci Beloved Handbag Collections ed è l'appuntamento radiofonico on-demand che già si prospetta tra i più imperdibili del nuovo anno. Le amanti della griffe e dell'heritage storico della maison dovranno farne tesoro subito: ciò che Alessandro Michele rivela è infatti il suo appassionato (e straordinario) rapporto con le borse Gucci Beloved (e non solo).

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Mondadori Portfolio//Getty Images
Alessandro Michele, direttore creativo Gucci

Alessandro Michele, direttore creativo della maison dal 2015, ha lavorato in Gucci sin dal 2002 ed è stato proprio lo scorso luglio ospite ai microfoni del podcast Muschio Selvaggio di Fedez e Luis Sal. Chiara Tagliaferri, invece, è l'autrice dei libri Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe e Morgana. L’uomo ricco sono io (entrambi ispirati dall’omonimo podcast sviluppato per Storielibere.fm, ndr). La combinazione è esplosiva: quello che emerge dalla chiacchierata è il ritratto quanto più umano ed empatico del direttore creativo del marchio, che ha trattato - con estrema naturalezza e sensibilità - (anche) temi a lui cari, quali il concetto di paternità e il rapporto con sua madre (di cui ancora ricorda con quanta cura conservasse le sue borse, "ben stipate in un armadio abbastanza nascosto della sua camera da letto e che indossava per le prime dei film").

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Lungi da noi spoilerare troppi dettagli di questo avvincente podcast firmato Gucci, ma il designer romano 49 enne ha un'idea ben chiara della paternità: lui è "padre di tutto ciò che crea", e non crede avrà mai dei figli. Tra le sue creazioni ci sono appunto le borse Gucci, fil rouge dell'appuntamento radiofonico: “Sono come un papà con le mie borse, anche se siamo lontani so perfettamente dov'è ciascuna di esse”, racconta ai microfoni del podcast. Concepiti come autentiche "coccole", Alessandro Michele si sente custode di ciascuna di loro: “Tratto le borse belle, create dagli artigiani, come le porcellane e come gli oggetti che colleziono". Non è un caso se, proprio lo scorso anno, aveva reso le sue borse le vere star di uno show (condotto da James Corden) interamente a loro dedicate. Presentate attraverso il Gucci Beloved Talk Show (c'era anche Harry Styles, ricordate?), il designer di origini romane aveva coinvolto celebrità del mondo dell'intrattenimento per ripercorrere la storia di ciascuna it-bag.

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John Phillips//Getty Images
Alessandro Michele, con la sua borsa Gucci, alla Mostra del Cinema di Venezia.

Ma il podcast Gucci è anche l'opportunità per cogliere ulteriori sfumature personali di Alessandro Michele che, in primis, è davvero molto umile. Non importa quanto rivoluzionario sembrerà il suo operato, lui resta fedele a sé stesso e alle sue sensazioni: "Ho fatto quello che potevo, ma anche quello che era nelle mie corde - ammette nella totale serenità. - Quando mi è stata data la possibilità di parlare con il mio timbro di voce (cioé quando è stato nominato direttore creativo nel 2015, ndr), ho fatto quello che sono. Ho cercato di dare voce a cose che esistono. Non mi reputo un grande inventore. Probabilmente, ho dato più voce che inventato. Probabilmente, ho creato più delle conversazioni impossibili tra le cose". Creazioni, cambiamenti (tangibili) nell'estetica che tengono fede (comunque) allo storico imprinting che Guccio Gucci diede al suo marchio oltre 100 anni fa. Perché, d'altronde, "se vogliamo che tutto rimanga com'è, è necessario che tutto cambi".

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